MICHELANGELO PERGHEM GELMI 1911 - 1992

All’Expo ’58 a Bruxelles

Il logo nel periodo argentino
MICHELANGELO PERGHEM GELMI
Massimo Martignoni.
Nel corso della sua vita, dalle prime prove giovanili ai lavori della maturità, Perghem Gelmi affronta il tema architettonico con impegno e coerenza. Egli è, in questo, un valido esponente di quella linea professionale ed espressiva, propria del ‘900, che vede l’ingegnere procedere di pari passo con l’architetto e talvolta andare anche più veloce di lui. È noto che in Italia tale figura è rappresentata ai massimi livelli da personalità quali Pier Luigi Nervi, Riccardo Morandi, Silvano Zorzi, Luigi Cosenza, solo per fare qualche nome: autori in grado di adattare, potenziandolo, il tecnicismo dell’ingegneria alla dimensione estetica dell’architettura. Perghem Gelmi, laureato in ingegneria civile nel 1936 a Torino, anni in cui ferve in Italia un intenso dibattito attorno alle ragioni della modernità, di suo ci mette inoltre una forte propensione per l’arte pura, un dato di cui è necessario tenere conto analizzando il suo lavoro. Nelle opere di architettura e nei piani urbanistici redatti dall’ingegnere trentino è possibile cogliere evidenti tangenze con le principali correnti moderne del linguaggio novecentesco. Se nei primi lavori risulta una chiara attrazione per quella linea “mediterranea” che autori quali Gio Ponti, tra gli anni Trenta e Quaranta, andavano proponendo come naturale sviluppo italiano del razionalismo europeo (complesso del tennis a Trento, 1938, villa a La Spezia, 1944), negli anni successivi alla seconda guerra mondiale Perghem Gelmi si allinea alle tendenze dell’International Style postbellico. Nel progetto di monumento in Argentina (1948) si coglie così l’interesse, allora assai diffuso, per un aggiornamento formale del tema celebrativo, mentre il negozio Goldestein a San Juan (1952) mostra una stretta vicinanza con l’organicismo della contemporanea produzione americana. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta Perghem Gelmi concentra la sua attività in Trentino. Attraverso un considerevole numero di opere realizzate tra il capoluogo e le valli della provincia (edifici pubblici, chiese, edifici residenziali) Perghem Gelmi propone un’idea di architettura che, come insegna la lezione corbusieriana, vede l’opera in primo luogo quale servizio e struttura per la comunità. Ispirate ai canoni di un lindo e corretto funzionalismo, risaltano in questa fase i due interventi scolastici a Trento (scuola Donna, 1960 e asilo di Piedicastello, 1962) e, a testimonianza della sua capacità di lavorare su ampie dimensioni, le terme di Levico (con Efrem Ferrari, 1958) e di Merano (1960). Tra gli ultimi lavori vanno ricordati ancora il complesso Nevegal in provincia di Belluno (1967), con gli interni rallegrati dalle “Carimate” di Vico Magistretti, l’unità residenziale al monte Bondone (1968) e il caseggiato Eca nel quartiere della Clarina a Trento (1970): ultima, convinta attestazione di fede nella modernità architettonica prima di dedicarsi, da lì in poi, unicamente all’amata pittura.