MICHELANGELO PERGHEM GELMI 1911 - 1992

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ALTO ADIGE, 6 aprile 1986.
APERTA IERI LA MOSTRA ALLA CAMERA DI COMMERCIO.
“La Cina di Perghem Gelmi”.
Testo critico di Franco de Battaglia.

Quarantasei dipinti che vogliono riproporre un modo antico e nello stesso tempo attualissimo di “far pittura”. La ricerca di una sintesi e di una proposta di mediazione per impedire che impressioni e immagini anneghino nella banalità – Calligrafismo iperrealista e surrealismo critico – Volontà di interloquire.

Dal suo ampio studio sopra i tetti della città Michelangelo Perghem Gelmi, pittore, “vola” nella storia e nell’aria, nella luce. Chagall, se ancora vivesse, ne farebbe forse il personaggio di un suo dipinto, uno di quegli uomini quasi “appesi”, nel cielo del quadro, un po’ sognanti anche se ben presenti nella realtà delle cose, in volo sopra campagne e città. Figure massicce eppure così leggere in una dimensione di fantasia. Perghem Gelmi, a incontrarlo e a conoscerlo, appare un po’ così. Ben saldo su questa terra ma con occhi che sanno guardare cieli perduti e ritrovati. Un fisico asciutto e forte che dimostra 15 anni in meno dei 75 dichiarati, una passione sportiva che lo segue fin dalla giovinezza (è stato azzurro di atletica nel 1934, nei quattrocento metri, poi nazionale studentesco di sci nel 1937) e che si esplica ora in una attività costante e intensa nel fondo e nel tennis. Saldo anche nelle esperienze e nelle scelte di una vita professionale combattiva, schietto nel dire la verità in faccia ai potenti, diritto nel privilegiare l’amicizia, nell’anteporre l’indipendenza personale alla ricerca dei favori.
Eppure …., eppure a ben guardarlo Perghem denota una sua vena di ricerca umana e pittorica profonda, una irrequietezza di ricerca, di esperienze, di stili che hanno trovato in un surrealismo calligrafico “antico” il loro comun denominatore, ma che riflettono urgenze, passioni, e stimoli attualissimi.
Pittore da sempre, nato per così dire con la matita in mano, ingegnere per poter fare il pittore liberamente – ma non dilettantisticamente – fuori dai servilismi delle mode, dalle lusinghe dei critici d’arte, dai “capestri” delle gallerie, Perghem proprio nella sua tarda età ha saputo dare pienezza di espressione e di proposta alla sua pittura fino a venir riconosciuto come uno dei personaggi più significativi anche fuori degli stretti confini provinciali. Il suo stile “iperrealista” proiettato in una dimensione di surrealismo si traduce infatti in messaggi, in immagini, non solo “suggestive”, ma capaci di nobilitare – in pieno XX secolo – la funzione della pittura e il ruolo del pittore come interprete e protagonista della realtà che lo circonda: come “mediatore” – attraverso il suo lavoro con colori e pennelli – di tempi e spazi lontani, eppure calati nella vita e nel cuore di ogni uomo.
In questa operazione la pittura di Perghem, ricercata nelle sue sfumature raffinate, spesso apparentemente “accademiche” si rivela in realtà modernissima, portatrice di sintesi nuove: che è poi la ragione del dipingere.
Chi ha osservato gli ultimi grandi dipinti di Perghem – squarci attualissimi sulla misura “borghese”del vivere, lavorare e far politica nel Trentino – capisce cosa questo significhi. Il suo “Bernardo Clesio”, dipinto per il quadricentenario, col vescovo che presenta al cardinale, nei colori del palazzo rinascimentale, una classe politica uniforme e grigia, appare fin troppo eloquente; e comunque tale è sembrato a molti degli interessati.

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