MICHELANGELO PERGHEM GELMI 1911 - 1992

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ALTO ADIGE, 27 febbraio 1976.
UNA SERIE DI CARICATURE DI PERSONAGGI TRENTINI
I “capricci” di Perghem.
Testo critico di Franco de Battaglia.

L’ultima mostra del pittore al “Castello” non è soltanto un fatto d’arte, ma un’occasione di cronaca.
A Michelangelo Perghem Gelmi, pittore versatile ed irrequieto vanno riconosciute due grandi doti: è coraggioso nel conservare una giovanile capacità di abbandonarsi all’estro o addirittura al capriccio; ora a una pittura facile ed immediata, ora a una ricerca e problematica, ora a una dolcezza tenera e intimista, ora al sogghigno, allo sberleffo.
E’ coraggioso ed è paziente. Ha atteso 30 anni per pubblicare i suoi schizzi di prigionia, i disegni del lungo viaggio verso i lager in Polonia, da Cannes a Tarnopol. Ha atteso 30 anni ma ne è valsa la pena. Ora le cartelle dei disegni, raccolti in bell’ordine formano un lussuoso volume edito da Manfrini che si sfoglierebbe con soggezione e un po’ di imbarazzo se il tocco caldo dei carboncini, l’uso accurato, e così intelligente della seppia o della sanguigna non costituissero quasi una rivelazione, non dessero ai disegni una capacità di comunicativa così immediata, non trasmettessero tutta la ricchezza di un’arte – come è appunto quella del disegno a matita e a carboncino – che solo i superficiali possono considerare di secondo piano. Trent’anni ha atteso Perghem per pubblicare i suoi disegni di prigionia e quasi 50 anni per riproporre, in una mostra che si è aperta ieri al Castello, le sue prime caricature di personaggi della scena mondiale e cittadina.
L’accostamento del libro edito a Natale e della mostra che si è aperta ieri non è casuale, non solo per ragioni temporali, ma anche per motivi tematici di ispirazione.
Perché Perghem si è sempre sentito naturalmente portato alla caricatura (nello stesso libro “Da Cannes a Tarnopol” alcune delle immagini più significative sono caricature di amici o di incontri fuggevoli) ma poi è sembrato quasi timoroso di insistere, finchè curando l’edizione dei disegni di 30 anni, delle caricature ha riscoperto la forza, la capacità di comunicazione. E allora Perghem si è messo d’impegno, creativamente, e in pochi mesi in una serie di pannelli ha tracciato i ritratti (fra l’affettuoso e il maligno) dei suoi amici, che sono poi gran parte dei personaggi e delle persone in vista di Trento.
Quadri che solo impropriamente si possono chiamare caricature perché in realtà sono intelligentissime introspezioni psicologiche, al confine col surreale, pittura bella e solida, pennellate che sono notazioni di costume, così l’ultima mostra di Perghem non è solo un fatto d’arte, ma un fatto di cronaca, di cui si discuterà per parecchio tempo.
E’ anche questo una testimonianza del coraggio del pittore.

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