MICHELANGELO PERGHEM GELMI 1911 - 1992

Links  - Note Legali       archivioperghem@libero.it 

La Gazzetta di Ferrara, novembre 1973.
Testo critico di Eleonora Cavallini

L’animismo di Michelangelo Perghem Gelmi. – autore Eleonora Cavallini.
Crediamo inutile voler inquadrare entro schemi logici e formali l’esuberante animismo di Michelangelo Perghem Gelmi, il pittore trentino che espone attualmente alla galleria “La Faretra”, l’unica soluzione possibile, secondo noi è lasciarsi trascinare dall’immediata suggestione delle sue flore lussureggianti, cariche di una vitalità che tocca i confini dell’umano.
Certo, Perghem ha una precisa storia artistica che non è difficile seguire: partito da presupposti post-impressionistici, attraverso il contatto con l’ambiente culturale e col paesaggio torinese, l’autore ha subito una svolta decisiva in seguito all’incontro con l’abbagliante solarità sudamericana ed è così passato, da una prevalente atmosfera sfumata, pervasa di pallide tonalità di grigio, ad un cromatismo ricco e sensuale, pienamente adeguato alla natura delle sue opere, in cui una marea di fantasie scapigliate, quasi barocche, viene ricomposta e come rappresa in una rigorosa unità.
E’ appunto questa la forma in cui i dipinti di Perghem si offrono allo sguardo del visitatore, trasmettendogli un’impressione diretta, al di là delle quali non è possibile alcuna discussione.
Anche l’origine onirica di molti motivi – l’artista stesso dichiara di avere sovente tratto spunto da propri sogni – non ci sembra un motivo sufficiente per addentrarci nell’abisso di una faticosa indagine psicologica, alla ricerca di quella simbologia freudiana che indubbiamente, in questi quadri, è reperibile – basti pensare all’onnipresenza dell’occhio – ma non è intenzionale, o, per lo meno, non nei termini di un messaggio.
In altre parole, l’opera di Perghem non ha lo scopo di comunicare, inserendovele cerebralmente, informazioni estranee alla pittura, ma semplicemente quello di rappresentare una visione della realtà quale può averla un’anima istintiva e al tempo stesso fortemente portata alla sintesi. L’immagine dell’occhio appare ripetutamente quale vero e proprio leit-motiv, perché, come ci ha detto l’autore, “è la forma più bella della natura”; il tema, cioè, ha fini fondamentalmente estetici.
In questo senso ci sembra vada interpretato tutto il raffinato surrealismo di Perghem: dalle piante acquatiche, che guardano con grandi occhi attoniti e appaiono come sommerse in un mattino interminabile, alle singolari, libere figure delle anime morte, simili a stormi di uccelli dalle nere ali, fino agli abbacinati crogioli di volti, numeri telefonici, piume, pesci e umoristiche figurine di preti.
Un cenno a parte merita la serie di litografie dedicate all’isola d’Ischia, in cui la vibrante emotività dei dipinti è realizzata con la massima essenzialità formale, grazie alla semplicità del disegno e del colore, dietro i quali però si avverte una particolare commozione.

Torna